Marco Bisaglia
Sono nato a Padova e ho 47 anni. Da quando faccio ricerca mi interesso alla neurodegenerazione e negli anni ho visto come molti aspetti patologici associati a malattie diverse siano comuni tra loro, indicando che tra le diverse malattie neurodegenerative esiste probabilmente un comune denominatore. Un aspetto che trovo fortemente motivazionale per lo studio della SLA è rappresentato dal fatto che si tratta di una malattia particolarmente aggressiva e con un’aspettativa di vita ridotta rispetto ad altri disordini neurodegenerativi.
Dopo il primo periodo di lockdown, durante il quale la quasi totalità della ricerca si era fermata, la situazione attuale in laboratorio è quasi normale. Tutte le persone sono operative anche se l’accesso per gli studenti rimane fortemente limitato. Ciò che invece trovo preoccupante e demoralizzante è che ci siano ancora diverse persone con posizioni anti-scientifiche relativamente alle vaccinazioni, malgrado l’epidemia abbia evidenziato il ruolo fondamentale della ricerca scientifica per risolvere il problema sanitario.
Da studente sono sempre stato affascinato dagli aspetti molecolari che sono alla base della vita. Mi ha quindi attratto l’idea di poter dare un contributo, come ricercatore, al progresso della conoscenza sui meccanismi cellulari che permettono il corretto funzionamento degli esseri umani, e che, quando sono alterati, portano all’insorgenza di condizioni patologiche. Dopo gli studi in chimica a Padova mi sono indirizzato verso aspetti più propriamente biologici durante il Dottorato che ho svolto all’Ecole Polytechnique di Parigi-Palaiseau. Ho poi trascorso periodi di formazione presso il National Institute on Aging (NIA/NIH) a Bethesda (USA) e presso l’Università di Sheffield (UK).
Non ho un modello di riferimento, quando ancora ero in formazione immaginavo lo scienziato come una persona solitaria immersa nei suoi esperimenti. Ho scoperto invece che il progresso scientifico avviene grazie al contributo ed allo scambio di idee che provengono da molte persone che collaborano tra loro. Più che un incontro direi è stato un viaggio a Calcutta a segnare la mia vita. Vedere per strada persone molto povere che però riescono a distaccarsi da quei bisogni materiali di cui necessitano e sono in grado di sorridere malgrado le difficoltà è stato toccante; cambia un po’ le prospettive di vita.
A motivarmi nel mio lavoro è la gioia che si prova ogni volta che si scopre qualcosa di nuovo e/o si conferma un’ipotesi sperimentale: è così appagante da far dimenticare tutti gli insuccessi di cui è costellata la ricerca scientifica.