Stefano Garofalo

Coordinatore del progetto NKINALS. Ricercatore presso l’Università Sapienza di Roma.

Sono nato a Napoli, ho 33 anni e sono sposato da un anno. Mai come in questo periodo di forte emergenza per il nostro paese e non solo, sono orgoglioso di essere un ricercatore nel campo biomedico. Ho iniziato la mia carriera in un momento storico in cui questa professione era ritenuta un hobby, una perdita di tempo e uno spreco di risorse economiche. Mi dispiace che solo ora, questa situazione di estrema necessità abbia messo in evidenza l’importanza della ricerca e della progressione scientifica, sottolineando come proprio la ricerca sia l’unica arma che abbiamo per combattere questa epidemia. La mia speranza è che questa situazione induca finalmente un cambiamento radicale non solo nel modo di fare ricerca, ma anche nel modo in cui la ricerca è sostenuta e apprezzata.

Ed è proprio per questi motivi, che sto continuando a portare avanti in questi giorni la mia attività; perché forse ora non solo io posso capire l’importanza del mio lavoro e di dare speranza a persone che soffrono di patologie gravi come la Sclerosi Amiotrofica Laterale.

Diventare un ricercatore è stato un percorso naturale: nel tempo è cresciuta in me la passione nel poter conoscere i meccanismi alla base della fisiologia del nostro corpo e cosa cambia quando incorre una patologia. Credo fermamente che il poter aggiungere un tassello, anche se molto piccolo, per arrivare a capire e curare diverse malattie, sia una tra le cose più belle e gratificanti che ci possano essere, soprattutto quando si lavora a contatto con i pazienti e si vede la sofferenza non solo loro, ma anche delle loro famiglie. Grazie alle esperienze all’estero, ho imparato diverse tecniche che ho poi riportato nel laboratorio dove lavoro, all’Università Sapienza di Roma. Quando penso al motivo per cui studio la SLA, mi viene sempre in mente un’immagine: quella di un cavaliere che combatte contro un mostro. Perché ad oggi purtroppo la SLA rappresenta questo per noi ricercatori. Ma credo che ogni ricercatore sia un po’ come un cavaliere, che non si arrende mai, nonostante le sconfitte, per arrivare al traguardo.

Ho avuto la fortuna di lavorare con pazienti SLA per poter studiare le loro alterazioni del sistema immunitario. Dico fortuna perché mi hanno dato una grandissima motivazione per continuare nel mio lavoro. L’impotenza che si prova di fronte a questi pazienti è disarmante, ma al tempo stesso sprona nel continuare questa battaglia. Il grant di AriSLA mi permetterà di far fare un balzo di qualità alla mia ricerca e implementare il livello degli esperimenti da portare avanti.  Il mio sogno nel cassetto è quello di poter trovare sempre fondi per portare avanti ricerche scientifiche innovative e di grande impatto sociale, per arrivare a trovare un aiuto concreto per i malati SLA. (data pubblicazione 5/5/2020)

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