Per un periodo di almeno un anno dopo la somministrazione iniziale del Tofersen, i Centri NeMO di Roma, Milano, Brescia, Trento e Ancona hanno raccolto e analizzato i dati di 17 pazienti. Questo gruppo di pazienti rappresenta una parte dei 27 che hanno avuto la possibilità di accedere al farmaco a partire dal 2021 attraverso il programma di accesso anticipato. A questo periodo, si sono uniti 12 mesi di monitoraggio clinico antecedenti l’arrivo del farmaco, per un totale di circa 2 anni di valutazione. Proprio la numerosità del campione ed il lungo periodo di osservazione clinica sono da considerarsi estremamente significativi, data la rarità di questa specifica mutazione (2-3% delle persone con Sla in Italia, circa 150 in tutto) e la complessità stessa della malattia nel suo decorso clinico.
“Il valore dei risultati raggiunti è dato dalla possibilità di confrontare i dati clinici dello studio, con i medesimi dati raccolti nella pratica clinica quotidiana nel periodo precedente l’assunzione del farmaco sperimentale – conferma Federica Cerri, neurologa referente area Sla del Centro NeMO di Milano e anche lei tra gli esperti della commissione medico-scientifica di AISLA, che continua – Questa continuità nella presa in carico della persona, infatti, permette di condurre un’analisi dettagliata della storia di malattia, tracciando chiaramente due traiettorie del suo andamento, ossia prima e dopo il trattamento con Tofersen”.
I risultati dello studio, appena pubblicati su Journal of Neurology, la rivista ufficiale della Società Europea di Neurologia, mostrano una stabilizzazione o addirittura un lieve miglioramento clinico per un significativo numero di pazienti coinvolti (il 53% del gruppo di studio). Ciascun paziente è stato monitorato ogni 12 settimane con le scale di valutazione clinica standardizzate (ALSFRS-R, FVC, MRC) per verificare la funzionalità generale, la capacità respiratoria e la forza muscolare negli arti.
Inoltre, la ricerca ha dimostrato che il farmaco ha un effetto positivo sul piano biologico nel processo di degenerazione dei motoneuroni, come confermato dalla significativa riduzione del dosaggio dei neurofilamenti, proteine indicatrici di tale processo. Nello studio si è osservata una marcata riduzione di questi neurofilamenti nell’82% dei pazienti. Ciò conferma l’impatto positivo sulla malattia di Tofersen in almeno un sottogruppo di pazienti.
Fulvia Massimelli, Presidente nazionale di AISLA esprime grande soddisfazione: “Questo risultato rinnova la nostra speranza nella ricerca, adesso attendiamo la rapida approvazione di AIFA. Voglio esprimere a nome della comunità delle persone con SLA la nostra gratitudine ai Centri NEMO, per tutti noi un riferimento nella cura, nella ricerca e nell’assistenza sulla Sla e le malattie neuromuscolari.
Segni concreti di speranza, dunque, nella ricerca sulla Sla che confermano come la forza dell’esperienza clinica sulla malattia si possa tradurre in modo concreto nella qualità della ricerca scientifica.