Raffella Mariotti

Coordinatore del progetto ExoALS. Ricercatrice presso l’Università degli Studi di Verona.

Sono nata a Genova, ho 48 anni, sono sposata e ho due figli di 12 e 5 anni. Pensando al perché sono diventata ricercatrice, credo che mi abbia molto influenzato avere un papà medico: ricordo le conversazioni con lui, anche banalmente su come curare una ferita, o le letture delle riviste scientifiche che circolavano in casa.

Tra le esperienze formative e professionali più interessanti, quella negli Stati Uniti, presso National Institutes of Health (NIH) e al Karolinska Istituite di Stoccolma. In Italia ho avuto l’opportunità di lavorare al Besta di Milano e poi all’Università di Verona, dove lavoro tutt’oggi. Tra gli incontri che mi hanno particolarmente segnata, c’è quello con la professoressa Marina Bentivoglio dell’Università di Verona: anche lei mi ha trasmesso la passione per questo lavoro. Per me la passione per la ricerca è fondamentale, è il motore che mi spinge tutti i giorni. Perché sono più gli insuccessi che i successi che si accumulano quando fai gli esperimenti e se non hai la passione che ti sostiene è più difficile andare avanti.

Perché studiare la SLA? Me ne occupo dal ’96 perché mi sono appassionata e perché vedo quanta sofferenza c’è da parte della persona ammalata, di cui mi colpisce il desiderio di vivere, nonostante ci sia la certezza che al momento non esista una via di uscita. Ogni tanto mi chiedo cosa farei io se capitasse a me.

Poi penso ad un’associazione locale di un gruppo di pazienti che è testimonianza di come una forte disperazione possa diventare una fonte di speranza incredibile. Io sento su di me, quotidianamente, la responsabilità verso queste persone. Penso che il nostro lavoro sia una piccola missione, una sfida che non finisce, ma anzi inizia quando si vince un grant.

Tra gli hobby che coltivo c’è la preparazione delle recite scolastiche di mia figlia. Quest’anno metteremo in scena Frozen e io interpreterò la principessa Anna. Il mio sogno nel cassetto è di dare un futuro, in termini accademici e lavorativi, alle persone che lavorano con me, dandomi sostegno e forza per proseguire.

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